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Lotta alla malattia renale cronica (CKD)

di Antonio Granata

La malattia renale cronica (CKD) è una condizione caratterizzata da alterazioni persistenti quali riduzione del tasso di filtrazione glomerulare (eGFR) inferiore a 60 mL/min/1.73m² o albuminuria superiore a 30 mg/giorno. Questi indicatori, definiti “kidney measures”, sono fondamentali per la diagnosi di CKD e rappresentano fattori di rischio significativi per eventi cardiovascolari avversi e progressione verso l’insufficienza renale terminale, che richiede terapia sostitutiva.

La CKD ha acquisito nelle ultime decadi le caratteristiche di un problema di Sanità Pubblica globale. Sulla base dei Registri disponibili, la prevalenza della CKD nella popolazione generale varia tra il 7% ed il 13%, in Sicilia oscilla tra il 9% ed il 10%. La letteratura ha ampiamente dimostrato che la presenza di albuminuria, è associata indipendentemente allo sviluppo di eventi CV ed alla progressione della CKD nel tempo. Ancora più intrigante è l’osservazione che non vi sia un vero e proprio cut-off di albuminuria al di sopra del quale il rischio di progressione della CKD (ed anche il rischio CV) aumenti.

Nonostante i trattamenti esistenti come gli inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAASi), una parte dei pazienti con CKD non risponde adeguatamente, mantenendo un alto rischio di complicanze. Di conseguenza, la ricerca si è orientata verso nuovi farmaci come gli inibitori degli SGLT2 [1] e i nuovi MRA non steroidei, tra cui il Finerenone.

Variabilità di risposta tra pazienti è presente anche verso gli SGLT2i, in termini di riduzione della emoglobina glicosilata, peso corporeo, pressione arteriosa e proteinuria con circa la metà dei pazienti che non mostra una riduzione di almeno il 30% della proteinuria nei primi mesi di trattamento. I dati sul rischio residuo sono attualmente allarmanti. In uno studio di coorte che ha arruolato 2.174 pazienti CKD seguiti negli ambulatori di Nefrologia in Italia, e tutti in terapia con RAASi al massimo dosaggio tollerato, Autori [2], hanno dimostrato che il 70% dei pazienti aveva una proteinuria >0.150 g/die, rimanendo ad elevato rischio sia CV (tasso di incidenza: 4.86 per 100 pazienti/anno) che di progressione verso l’uremia terminale (tasso di incidenza: 5.26 per 100 pazienti/anno). Complessivamente, nonostante l’effetto significativo sulla prognosi renale, gli SGLT2i lasciano il 61% di rischio residuo sugli endpoint renali. Questo dato collima con una analisi post-hoc del CREDENCE, la quale evidenziava che il 60% dei pazienti nel braccio trattato con canaglifozin non mostrava una riduzione di almeno il 30% della albuminuria nei primi 6 mesi del trial, e maggiore era la albuminuria al mese 6 maggiore era il rischio renale.

Finerenone

L’altra classe di farmaci che ha suscitato interesse nell’effetto di rallentamento della progressione della CKD è rappresentata dagli MRA.

Gli MRA (Antagonisti del Rececettore Mineralcorticoide) agiscono bloccando l’aldosterone, un ormone che regola il bilancio di sodio, potassio e magnesio. L’aldosterone opera attraverso il recettore dei mineralocorticoidi (MR), influenzando l’espressione di geni come Sgk1, che a sua volta regola i canali ENaC, cruciali per il trasporto del sodio nelle cellule renali.

L’aldosterone ha un ruolo fisiologico nel regolare l’escrezione di sodio e potassio. Tuttavia, livelli elevati di aldosterone possono causare fibrosi in organi come il cuore e i reni. Questo effetto pro-fibrotico è noto da tempo e contribuisce all’ipertensione e alla fibrosi cardiaca. L’aldosterone stimola anche la produzione di citochine pro-infiammatorie, che sono bersagli per le terapie volte a rallentare l’evoluzione della malattia renale cronica verso l’uremia terminale.

Nonostante il blocco del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS) con ACE-I o ARBs, una parte dell’attività dell’aldosterone persiste, contribuendo agli effetti pro-infiammatori e pro-fibrotici.

A causa degli effetti collaterali degli MRA steroidei (es. ginecomastia, iperkaliemia) come spironolattone ed eplerenone, si è cercato di sviluppare MRA più selettivi e sicuri. Il finerenone è un esempio di MRA non steroideo che blocca il MR in modo potente e selettivo, offrendo un profilo di sicurezza migliore rispetto ai suoi predecessori steroidei.

Alla luce di quanto sopra riportato, l’efficacia degli MRA non steroidei è stata testata gli studi Finerenone in Reducing Kidney Failure and Disease Progression in Diabetic Kidney Disease (FIDELIO-DKD) e Finerenone in Reducing Cardiovascular Mortality and Morbidity in Diabetic Kidney Disease (FIGARO-DKD) [3]. Nello studio FIDELIO-DKD, sono stati arruolati pazienti affetti da DKD albuminurici e già in trattamento con RAASi.  Lo studio ha dimostrato per la prima volta nella storia degli MRA una diminuzione del 18% dell’endpoint composito primario (uremia terminale, riduzione persistente di almeno il 40% della velocità di filtrazione glomerulare, morte da causa renale) nel corso dei 2,6 anni di follow-up, e con un basso number-needed-to-treat, cioè il numero di pazienti da trattare per prevenire un evento, associata ad un marcato e persistente effetto antialbuminurico associato al trattamento (31% di riduzione rispetto al placebo dopo 4 mesi di terapia). Dal punto di vista nefrologico il trial ha dimostrato la capacità di ridurre la progressione della malattia renale cronica verso l’uremia terminale nei pazienti con eGFR compreso tra 60 e 25 mL/min/1.73m2, albuminuria ed in terapia con RAASi. Inoltre, lo studio ha dimostrato la capacità riduzione del 14% nel rischio dell’endpoint secondario cardiovascolare (composito di eventi cardiovascolari fatali e non-fatali e ospedalizzazione per scompenso cardiaco). I dati di ‘safety’ testimoniano una buona tollerabilità del finerenone con una simile incidenza di eventi avversi nonostante la popolazione in esame sia per definizione fragile e ad alto rischio. Tuttavia, è stato registrato una maggiore incidenza di drop-out dal trial a causa dell’iperkalemia, seppure bassa in assoluto, nel gruppo dei pazienti in trattamento con finerenone (2.3% vs 0.9%).  Il maggiore rischio di iperkalemia con finerenone, era atteso ma significativamente inferiore rispetto agli altri MRA steroidei.

Altro dato di grande interesse deriva dall’analisi post-hoc dei 254 pazienti dello studio che ricevevano finerenone “on top” non solo di anti-Angiotensina II ma anche di inibitori di SGLT2. Tale analisi, seppure limitata dal basso numero di pazienti, suggerisce un effetto nefroprotettivo nel lungo termine simile tra pazienti trattati e non trattati con inibitori di SGLT2. Una ulteriore analisi degli studi FIGARO-DKD e FIDELIO-DKD (FIDELITY in più di 13.000 pazienti con malattia renale diabetica), ha confermato l’efficacia del finerenone, indipendente dall’uso di inibitori di SGLT2. Il FIGARO-DKD ha testato l’efficacia del finerenone in aggiunta a trattamento con RAASi nel ridurre il rischio di eventi CV, essendo l’endpoint primario misurato il composito di morte CV, infarto del miocardio non fatale, ictus non fatale e ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Il trial ha dimostrato, in un follow-up di 3.4 anni, una riduzione del rischio significativa, del 13%, dell’endpoint primario nel gruppo finerenone rispetto al placebo. L’incidenza di iperpotassiemia era maggiore nel gruppo finerenone che nel gruppo placebo (10.8 vs. 5.3%). Con il finerenone sicuramente si apre una nuova era nel trattamento della fibrosi e quindi nella terapia atta a rallentare l’evoluzione della malattia renale cronica verso l’uremia terminale.

 Bibliografia

  1. Granata A, Pesce F, Iacoviello M, Anzaldi M, Amico F, Catalano M, Leonardi G, Gatta C, Costanza G, Corrao S, Gesualdo L. SGLT2 Inhibitors: A Broad Impact Therapeutic Option for the Nephrologist. Frontiers in Nephrology April,  2022.
  1. Provenzano M, De Nicola L, Gesualdo L, La Manna G. Il Finerenone nella cura dei pazienti con insufficienza renale cronica. G Ital Nefrol 2022
  2. Bakris GL, Agarwal R, Anker SD, Pitt B, Ruilope LM, Rossing P, Kolkhof P, Nowack C, Schloemer P, Joseph A, Filippatos G, for the FIDELIO-DKD Investigators. Effect of Finerenone on Chronic Kidney Disease Outcomes in Type 2 Diabetes. N Engl J Med. 2020 Oct 23
Il dottore Nino Granata
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