di Marcello Scifo
L’infezione da HPV è responsabile nella donna di condilomi genitali e di displasia del collo dell’utero (stadio iniziale del carcinoma). Per contrastare questa infezione virale circa 15 anni fa è stato introdotto un vaccino contro i sierotipi del virus più pericolosi (quattro su un numero globale di 100), esclusivamente rivolto alle ragazze più giovani in modo da potenziarne il sistema immunitario nella fase adolescenziale. Successivamente il virus è stato isolato anche in altre forme tumorali (orofaringe, ano-retto, pene) per cui la vaccinazione inizialmente rivolta verso le donne in età fertile, è stata riservata anche agli uomini ed alle donne di età più avanzata.
Lo scopo principale dell’aumento della copertura vaccinale nella popolazione è stato quello di cercare di ridurre la diffusione dell’infezione virale; infatti il virus si diffonde non solo tramite i rapporti sessuali, ma pure per contatto cute-cute e cute-mucose. Il vaccino inizialmente rivolto solo vero 4 sierotipi è stato perciò ampliato a 9 sierotipi, anche a scopo di sfruttare la cross-reazione tra i vari ceppi virali.
L’organismo umano soprattutto nelle più giovani età dopo il contatto con l’agente virale e la sua incubazione, riesce nella maggior parte dei casi in circa 12-15 mesi a liberarsi dell’infezione, soltanto in un numero limitato di casi si può avere lo sviluppo di forme tumorali. Statisticamente nei soggetti più giovani (tra i 25-35 anni) si ha generalmente un’alta percentuale di positività al virus, associata però ad una bassa percentuale di evoluzione verso forme oncologiche.
La diagnosi precoce di questa forma infettiva si ha con l’esecuzione del Pap test (eventuale presenza di coilociti come marker), ovviamente seguito dall’HPV test per tipizzare meglio il ceppo virale, e con l’esame obiettivo delle cuti e delle mucose colpite nei casi di condilomatosi.
L’introduzione della vaccinazione ha sicuramente ridotto l’incidenza delle forme tumorali con prognosi infausta nei vari organi ed apparati ed assicura una buona protezione sierologica anche per i ceppi non direttamente utilizzati per almeno 5 anni.