di Innocenzo Secolo
Fino a tempi relativamente recenti, il concetto di salute era dato per scontato, significando essenzialmente “…assenza di malattia”. Oggi, invece, tale termine tende ad essere sempre più associato ad un benessere indotto dalla “qualità della vita”. Infatti, a seguito della nuova definizione del concetto di salute emanato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che recita: “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità”, si sposta l’asse dal CONCETTO DI MALATTIA come fulcro centrale della salute, i cui obiettivi erano la diagnosi e le decisioni terapeutiche ponendo attenzione ai dettagli dei sintomi, e, le domande poste dal medico erano orientate esclusivamente dalle conoscenze del medico sui sintomi e le terapie, determinando così una relazione medico-malattia, ad un asse in cui si mette al centro del concetto di salute, la PERSONA in cui la salute è equilibrio tra benessere e malattia (Engel 1977). Viene riconosciuto, così, il ruolo attivo del malato nel processo di guarigione e l’attenzione, quindi, passa dalla malattia alla persona malata, ma anche alla componente sociale e cioè la sua appartenenza ad una comunità specifica, con i propri valori, cultura e modelli esistenziali e alla sua componente psicologica.
Figura n. 1
Secondo tale nuovo concetto di benessere in cui la persona viene considerata nelle sue tre dimensioni, è possibile rivedere la “fascite plantare” secondo l’approccio bio-psico-sociale. L’operatore sanitario deve considerare, fin dal primo incontro con un paziente, l’impatto che la malattia o il dolore ha sul piano della partecipazione sociale (nel lavoro e nelle Attività della Vita Quotidiana (ADL) e anche sul piano dell’impatto psicologico. La fascite plantare è una delle patologie più frequenti che possono colpire il piede di uomini e donne, generalmente tra 40 ed i 60 anni di età. Colpisce il 10% della popolazione complessiva e di questa fascia l’8% ritiene che sia un problema fastidioso o debilitante a causa del dolore forte e costante che lo accompagna durante la giornata, in funzione delle attività svolte, ma rimane sempre presente. La fascite plantare è causata da una lesione alla fascia nella posizione del tubercolo calcaneare e di altre strutture periferiche, che provoca infiammazione. La fascia che ricopre la superficie plantare del piede ha un ruolo importante nella biomeccanica tipica del piede, ed è composta da tre segmenti che originano dal tallone. L’importanza della cinghia sta nel fornire supporto all’arco plantare e nell’assorbimento degli urti. Le cause della fascite plantare sono complesse, ma la maggior parte dei casi è causata da una pressione eccessiva data da alterazioni biomeccaniche. Essa è una patologia infiammatoria invalidante spesso presente negli sportivi e negli anziani, altri fattori di rischio includono l’obesità, l’atrofia della fascia plantare, le occupazioni che richiedono una posizione eretta prolungata e il sollevamento dei pesi.
I pazienti affetti da questa patologia lamentano dolore fasciale lungo la fascia plantare del meso-piede, dove la fascia è tesa e dolente con maggiore intensità. I pazienti in genere hanno una storia di aumento del dolore di natura inferiore e mediale, ma nei casi più gravi può diffondersi all’area prossimale. Spesso descrivono un’esperienza grave e più dolorosa durante la mattinata. Per una corretta valutazione è utile osservare i fattori biomeccanici che spesso sono la principale causa. Tale patologia ha anche un effetto sulla componente psicologica: la paura dei potenziali fattori scatenanti del dolore e della sofferenza e del disaggio ad esso associati, spesso fanno si che le persone affette da fascite plantare si isolino e diventino inattive, oltre che incapaci di risolvere il problema. Il trattamento di questi individui deve avvenire attraverso un approccio multimodale che includa mente e corpo. Ma anche ha un effetto sulla vita di relazione e lavorativa: la persona riduce notevolmente la sua vita sociale e relazionale, spesso interrompe la sua attività fisica, lo sport, cristallizzandosi in una situazione di stasi poiché incapace di risolvere i suoi problemi di dolore che gli causa la fascite plantare.
I dati della letteratura suggeriscono che non esiste un unico trattamento universale per la fascite plantare, ciò è in parte dovuto al fatto che ogni paziente risponde al trattamento in modo diverso. Pertanto non funziona un trattamento standard, ma deve essere sempre personalizzato e monitorato in tutte le sue fasi riabilitative. L’approccio olistico, diagnostico e terapeutico eseguito da un team è sempre il percorso terapeutico che porta a più risultati e in tempi di risoluzione più veloci.