di Salvatore Rizzo
“I tre nemici dell’uomo sono: la morte (che lo sorprende) il tempo (che sfugge) il demonio (che gli tende i suoi lacci)“, Don Bosco.
Questa bellissima citazione di San Giovanni Bosco attualizzandola nella classe medica e nella società contemporanea mi offre lo spunto ad alcune riflessioni.
Andando in ordine il primo nemico è la morte da cui ogni essere vivente non si può sottrarre e come un ladro di notte e in maniera inaspettata ci sorprende. I medici ovviamente e poi statisticamente sono più «predisposti» a questo rischio per il notevole stress stratificato nel tempo.
Il tempo,parola che nasce e muore con tutti gli uomini, è da sempre scandito dal medico che inizia a valutarlo con gli studi che lo porteranno a frequentare il periodo universitario che vengono vissuti con premura, agitazione e tanta voglia di diventare grandie e raggiungere una prima tappa che lo porterà all’università passaggio obbligato ad ottenere la patente di medico. Il periodo universitario invece sfugge velocemente anche se alacremente per la confessata voglia di sottrarsi agli studi che limitano i migliori anni della nostra vita e pertanto solo una spinta propulsiva importante data da una carriera scolastica universitaria celere potrebbe finalmente fare vivere un po’ di giovinezza a questo povero medico. Ma nel frattempo il neo dottore forte e orgoglioso del titolo conseguito anziché godersi un po’ di giovinezza,negata dagli studi intensi, continua ad arrovellarsi nell’inseguire nuovi traguardi professionali come la specialità che lo proietterà nella vita lavorativa. Ma ad attenderlo c’è sempre il nostro nemico e amico tempo che sfugge velocemente come sabbia dalle mani, come l’acqua che scorre e come il battito che rincorre quello successivo. Il tempo sfugge si dilegua diventa solo ricordo che ci accompagna e testimone dei traguardi della vita come l’amore verso la persona amata, l’eventuale matrimonio condito da figli che diventano attori non protagonisti di quel film dal titolo” il flusso sfuggente del tempo “che gestisce la nostra vita di uomini oltre che di medici.
E infine il demonio tanto temuto ma sempre dominato e sconfitto da San Bosco che ci tende i lacci facendoci cadere ripetutamente e inconsapevolmente ogni giorno. Si perché la vita di noi medici è una vita vissuta sempre in apnea con poco ossigeno perché piena di paure di sbagliare, paure di perdersi dietro linee guida non rispettate, dietro errori taciuti ma che ci logorano, dietro rimorsi che sanciscono una ingiusta auto condanna inflitta dal nostro io sempre li a ricordarci di aver sbagliato e magari non essere stati mai adeguati al lavoro che svolgiamo. Ma i lacci tesi dal demone possono e devono essere sempre sciolti analizzando ogni giorno non solo gli aspetti negativi ma anche quelli positivi della nostra professione che vanno dal dono di un grazie da parte di un paziente, di una stretta di mano, dal riconoscimento pecuniario che rappresenta esso stesso la tentazione che non deve mai prevalere, da una risata con un malato che veramente ci possono far tornare a casa consapevoli e contenti di aver scelto il lavoro più bello del mondo.